Il Wendigo e altri racconti fantastici

«Nessuno si è mai nemmeno avvicinato alla maestria, alla serietà e alla minuziosa fedeltà con cui Blackwood mostra la stranezza sottintesa in cose ed esperienze comuni; o alla sua straordinaria perspicacia nell’accumulare, un dettaglio dopo l’altro, tutte quelle sensazioni e percezioni che dalla realtà conducono a un’esistenza o a una visione paranormali». Se il benevolo giudizio di H.P. Lovecraft può far sospettare una «complicità» tra colleghi, quello dell’americano Edmund Wilson — di solito per nulla tenero con la letteratura popolare di origine britannica — suona come un vero attestato di stima: «Si intravede [in Blackwood] lo spostamento dalla credulità negli spiriti maligni come cose che ci infestano da fuori, alla consapevolezza di terrori endogeni che semplicemente si impadroniscono della nostra mente». E, al proposito, cita autori del calibro di Henry James, Rudyard Kipling e Walter de la Mare. I tredici racconti di questa raccolta, scelti da Malcolm Skey tra le dieci raccolte originali pubblicate da Blackwood tra il 1906 e il 1924, offrono un paradigma esauriente delle tematiche e delle ambientazioni care all’autore: dalle classiche storie di case «infestate» (The Haunted House, The Listener) ai fenomeni indefinibili che incombono sulle grandi distese prive di insediamenti umani, quali certi tratti desolati del Danubio o le foreste e i laghi del Canada (The Willows, The Wendigo, Running Wolf). Né manca l’ironia: The Transfer è sicuramente una delle vicende di vampirismo meno tipiche di tutta la letteratura del soprannaturale.